Bollettino 13 Luglio 2018 – Cambio Sede, Bilancio sociale 2016

In questo numero desideriamo

Evidenziare aspetti “larghi” della ns/ attività che riprendiamo dalla rivista Dono & Vita di Avis Regionale Veneto:

  • All’Assemblea Nazionale di AVIS l’intervento “civile” di Nicola Gratteri, Procuratore Capo di Catanzaro.
  • La diversa impostazione sul Plasma Donato/Pagato che scaturisce dalla difficile lettura dell’originalità del ns/ volontariato, in Europa e nel Mondo. A motivo della giornata libera riconosciuta ai Donatori molti altri Paesi ci pensano come “mercenari”.
    Querelle Liumbruno/The Economist.

Chiamare a raccolta i Donatori e Donatrici per gli impegni organizzativi importanti che ci attendono nel brevissimo periodo:

  • Un cambio di Sede
    Forse si tratterà solo di spostare la ns/ Sede al piano di sopra. Il Comune ci ha avvertito che riprenderà a proprio uso – per migliore sistemazione dei suoi Uffici Scuola, Assistenza, Turismo – i piani terra e seminterrato della Casa delle Associazioni.
  • Festa del Perdono
    Desideriamo confermare la ns/ tradizione della Tombola in Piazza per Domenica 23 Settembre ed affiancare, per i giorni della Festa, un banchino Avis e Lampredotto, come abbiamo iniziato nel 2017.

Sono appuntamenti che vanno ben oltre le ns/ attuali forze e che potremo onorare solo grazie ad una nuova grande partecipazione che intendiamo sollecitare da subito.

  • Bilancio sociale 2016 di AVIS Regionale

Desideriamo consegnare l’originale del seguente documento a tutti coloro che visiteranno la nostra sede. Noterete la consistenza che comincia ad acquisire la nostra sede di Figline.

 

 

 

 Liumbruno “rimprovera” l’Economist

Il 10 maggio l’Economist ha pubblicato un servizio sul “mercato” mondiale del plasma. La risposta molto pacata, ma puntuale e incisiva, del direttore del Centro Nazionale Sangue Giovanni Maria Liumbruno è stata diffusa alle agenzie il 18 maggio. Eccovela.

Talvolta può succedere che anche una pubblicazione prestigiosa come l’Economist prenda una cantonata. In un articolo pubblicato lo scorso 10 maggio sul mercato mondiale dei farmaci plasmaderivati, in cui si fa il confronto fra i paesi che pagano i donatori e quelli, come il nostro, in cui invece la donazione è non remunerata, si afferma tra le altre cose che: “Solo i paesi che pagano per il plasma sono autosufficienti. L’Italia, dove i donatori hanno una giornata libera dal lavoro, è vicina all’autosufficienza”.

Nel contesto dell’articolo l’allusione contenuta nell’inciso è quasi offensiva, ed è smentita dai fatti, dal momento che meno del 20% dei donatori usufruisce di questa possibilità, che è comunque ben diversa da un vero e proprio pagamento. L’articolo però fornisce degli ottimi spunti per parlare della risorsa plasma, che è strategica per tutti i paesi e che vede alcune minacce del futuro a medio termine. Il plasma, la componente liquida del sangue che si può ottenere per separazione da una sacca di sangue intero o si può donare direttamente con un processo che si chiama aferesi, ha moltissimi utilizzi. Il 20% circa del totale raccolto viene destinato a un uso clinico, il restante 80% viene invece conferito alle industrie farmaceutiche che lo utilizzano per prodotte i cosiddetti farmaci plasmaderivati, come l’albumina o le immunoglobuline che vengono usate per trattare varie patologie, tra cui immunodeficienze e malattie epatiche, o i fattori della coagulazione, usati per la cura dell’emofilia.
Va spiegato ovviamente che non si tratta di un regalo al settore privato. Il plasma come pure i farmaci che ne vengono ricavati restano di proprietà delle Regioni che pagano alle industrie soltanto la lavorazione. E non potrebbe essere altrimenti perché si tratta di farmaci importanti, spesso veri e propri salva-vita.

Come correttamente affermato anche dall’Economist, l’Italia però dipende in parte dal mercato estero. Un mercato dove, al contrario che in Italia, il donatore viene spesso pagato per la donazione di plasma (vedi l’esempio tedesco). Parliamo di un mercato globale il cui giro di affari si stima di circa 18.5 miliardi di dollari (e non 126 come affermato dalla rivista), e che è in mano per lo più a industrie con base in America del Nord.

A colpire è in particolare il disequilibrio nel rapporto tra popolazione e produzione di plasmaderivati. A produrre il 44% dei medicinali plasmaderivati è una zona geografica che ospita appena il 5% della popolazione. L’Asia e l’area del Pacifico invece contano il 57% della popolazione del pianeta ma producono il 19% dei medicinali plasmaderivati

E’ quindi anche possibile, in un futuro, che il mercato finisca per prendere la via dell’oriente, dove dovrà soddisfare richieste sempre crescenti di paesi come la Cina o l’India, paesi in cui il fabbisogno di immunoglobuline e albumina è già enorme e il sistema di raccolta interno non riesce minimamente a fare fronte alla mole di richieste e i pazienti non vengono, ovviamente, trattati in modo adeguato. Diventa quindi fondamentale affrontare il problema plasma e sensibilizzare il mondo dei donatori, del volontariato, del pubblico in generale sulla necessità di avvicinarsi di più all’autosufficienza perché la vita delle persone non può e non deve dipendere dal mercato e dalle sue leggi.

Questa conclusione è opposta a quella dell’Economist, secondo cui invece “rendere legale il plasma a pagamento è l’ovvio primo passo”. Una posizione che, a parere di diversi esperti, non è assolutamente condivisibile, e che oltretutto si basa su dati inesatti. L’articolo in questione, nota ad esempio Patrick Robert del Marketing Research Bureau, suggerisce che il plasma si raccoglie ancora nelle prigioni, pratica vietata dal 1999. Esagera i dati sui plasmaderivati esportati dalla Svizzera e anche il valore delle esportazioni di plasma dagli USA, Affermando che sono l’1,6% dell’export totale. Sbaglia persino nel descrivere la differenza tra il tempo di una donazione di sangue e una di plasma, affermando che per la prima servono 10 minuti e per la seconda 60, quando la “forbice” è molto più ristretta. Il dibattito è aperto, ma deve essere portato avanti con dati più corretti.

Di seguito un ns/ estratto dell’articolo che ha originato l’intervento del Dr. Liumbruno:

Da “The Economist”, 2018 may 10th

Bans on paying for human blood distort a vital global market

The market in life-saving blood-plasma products depends on Americans who are paid for it

 

Only countries that pay for plasma are self-sufficient in it. (Italy, where donors are given time off work, is close to self-sufficiency.) Half of America’s plasma is shipped to Europe—20m contributions-worth. Canada imports 80% of its plasma products from America. Australia imports 40% of its plasma products, too.

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Considerate che, come successo in passato, iniziano di nuovo a circolare bufale e messaggi fuorvianti da parte di sconsiderati che non corrispondono a nessun diverso bisogno reale: vi invitiamo a non far girare a vostra cura messaggi del genere se vi pervengono.